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La commercializzazione: l'antitesi della condivisione

STWR
01 August 2017

Il pericolo non è la commercializzazione per sé, ma la nostra identificazione costante con la sua manifestazione interna ed esterna, in cui l’intelligenza dell’umanità è condotta nella direzione opposta all’evoluzione naturale e spirituale.

Cos'è il male, in ogni caso, se non la nostra identificazione con lo stesso?


‘La condivisione è la chiave per risolvere i problemi del mondo’. Tale affermazione è così semplice che rischiamo di non coinvolgere la gente, quindi dobbiamo approfondire questo tema, se vogliamo capire cosa significa questo. Per comprendere come la condivisione è la strada più sicura per la giustizia, la pace e i rapporti umani, abbiamo bisogno di indagarne il significato e l’importanza da molti punti di vista -  psicologicamente e spiritualmente, oltre che dal punto di vista sociale, economico e politico. Nel corso della nostra indagine è quindi necessario osservare il movimento dei nostri pensieri in modo che nessuna ideologia, credenza o "ismo" entri nella nostra mente. Ci sono infiniti modi di intendere la condivisione perché la natura di questo principio è una ‘powerhouse’ all’interno delle Leggi della Vita, e chiunque può intuire e sperimentare la sua straordinaria versatilità. Ma se è vero che la condivisione è fondamentalmente importante per la nostra continua evoluzione su questa Terra, allora la prima domanda da porci è: perché questo principio non è inteso come una risposta alla crisi della nostra civiltà?

Un modo per scoprire come la condivisione è stata sovvertita nelle nostre società è di osservare come la commercializzazione si è infiltrata nella nostra coscienza. È facile dire che la condivisione è la soluzione ai mali del mondo, ma questa affermazione diventa solamente un’altra nobile convinzione se non consideriamo anche come la commercializzazione stia costantemente stringendo la sua presa sulla nostra evoluzione. Per trovare la chiave per risolvere i problemi dell’umanità dobbiamo anche domandarci come e perché abbiamo permesso all’autorità dei politici di dominare i nostri assetti sociali ed economici, la nostra istruzione e la nostra vita quotidiana. Dobbiamo soprattutto esaminare, attraverso l’auto-riflessione e la consapevolezza interna, come il nostro auto-compiacimento e l’istruzione sbagliata hanno portato all’indifferenza collettiva verso la sofferenza degli altri. 

Tutti sappiamo cosa significa la condivisione a livello personale, in quanto tutti condividiamo a casa e nella nostra comunità. Quindi perché così poche persone sentono il bisogno di mettere in pratica il principio della condivisione a livello nazionale e mondiale? Gran parte della risposta a questa domanda potrebbe semplicemente essere questa: le fondamenta della nostra società sono state costruite in modo tale che le forze di mercato sono diventate meno rigide. Abbiamo sviluppato sistemi economici e politici complessi sempre più orientati verso il profitto e la commercializzazione. Le strutture fiscali, le grandi aziende, le innumerevoli norme di legge che vengono create per difendere interessi privati - tutto questo crea una società altamente complessa e deleteria. Nessuno comprende alla fine il sistema, ma il sistema comprende esattamente come manipolarci per i suoi scopi. È in una società così complessa, con così tante leggi e politiche create per facilitare la commercializzazione, il principio della condivisione è quasi inesistente.

Finché viviamo in una società che è motivata dal profitto e dalla commercializzazione, il principio della condivisione sarà sempre periferico. In ogni sfera dell’attività umana si può osservare che quando entra in scena la commercializzazione, scompare la condivisione. La stessa realtà riguarda anche l’ambiente: quando entra in scena la commercializzazione, scompare la natura. In effetti quando entra in scena la commercializzazione può essere così intrusiva e così distruttiva che può fare a pezzi le famiglie. Può fare a pezzi la tradizione e l’identità nazionale, come abbiamo visto con numerosi accordi di libero scambio e l’integrazione economica dell’Europa. Dovunque si scatenino queste forze, si può giungere a un crescente divario tra ricchi e poveri, a una contagiosa crisi spirituale, e infine a una deviazione dell’intelligenza donataci da dio nella direzione opposta al progresso sociale e l’evoluzione. Infatti, se permettiamo alla commercializzazione di gestire ciecamente una società per un periodo di tempo abbastanza lungo, finiremo per compromettere anche la vita umana.

Il significato della commercializzazione

Non stiamo parlando di commercio per sé, ma dell’avidità e dell’egoismo che scaturiscono quando le forze del mercato sono lasciate libere e l’auto-compiacimento e l’indifferenza ne sono il risultato. Ciò non significa che dobbiamo lavorare nel commercio perché questo ci riguarda - riguarda tutti noi, perché viviamo in un mondo che è permeato dalle forze del mercato. Il pericolo non è nemmeno il processo di commercializzazione per sé, ma piuttosto la nostra identificazione costante con la sua manifestazione interna ed esterna. È inutile cercare di afferrare o definire la commercializzazione in termini psicologici, perché non possiamo comprendere le forze malefiche che sostengono i suoi processi da una definizione del dizionario. La situazione mondiale è peggiorata a tal punto che la voce “commercializzazione” nel dizionario non ci dà nessun indizio riguardo a quello che sta realmente accadendo nella società di oggi. La vecchia definizione del commercio come semplice compravendita è stata quasi persa perché, da un certo punto di vista, le forze del mercato hanno infiltrato le nostre cellule come una malattia e si sono trasformate in un killer silenzioso chiamato commercializzazione. È una parte di noi e vive dentro di noi. La commercializzazione è il sistema che abbiamo creato in relazione alla terra e ai rapporti con gli altri, ed è intrinseco nel movimento della gente e della vita all’interno della società. Naturalmente non c’è niente di sbagliato con il sistematico scambio di beni e servizi all’interno di o tra nazioni, ma proprio come un coltello può essere usato per tagliare le verdure o per uccidere la gente, così il commercio può essere usato per il bene o per il male.

La nostra inchiesta riguarda pertanto come la commercializzazione ha indotto in errore la nostra creatività impedendoci di soddisfare le esigenze semplici che tutti noi abbiamo in comune, e deviato le nostre motivazioni verso la ricerca insensata del profitto e il consumo senza fine. Perché non riusciamo a riconoscere, e quindi limitare, il potere distruttivo della commercializzazione nonostante tutto il male che sta scatenando sulla società e sull’ambiente? Una semplice risposta a questa domanda può essere: è perché stiamo tutti cercando la felicità. E la commercializzazione è molto astuta a prometterci la felicità, una ‘buona vita’, una vita più comoda e la sicurezza. Siamo tutti alla ricerca di sicurezza. Ma si tratta di un falso senso di sicurezza che ci viene venduta - una fantasia pericolosa.

Anche in questo caso, non stiamo parlando della sicurezza per sé, come il tipo di sicurezza fisica di cui ha bisogno una famiglia per il suo vivere quotidiano, ma piuttosto la ricerca della sicurezza psicologica che alla fine ci spinge a diventare più isolati gli uni dagli altri, e nega essenzialmente la nostra intelligenza e la libertà. È la necessità della sicurezza psicologica che ci spinge a cercare costantemente l’illusione personale che chiamiamo felicità. E le forze della commercializzazione sono brave ad offrirci la felicità fuorviando la nostra mente dalla consapevolezza del Sé, che è l’unico posto in cui qualsiasi appagamento reale o gioia può essere trovato. La felicità nel contesto di una società altamente commercializzata ed iniqua è una delle più brutte fantasie sociali a cui siamo legati, perché in una tale società la felicità individuale può esistere solo al fianco di miseria e di dolore. Come un lavandino, ha sempre due rubinetti; quello caldo e quello freddo. La felicità e la miseria in un società malata inevitabilmente esistono fianco a fianco. Tuttavia il desiderio per una felicità illusoria può anche essere pericoloso, quando in quel processo diventiamo emotivamente intrappolati ed egocentrici, e la nostra vita diventa imitativa e non creativa. In poco tempo la nostra naturale tendenza ad amare e entrare in empatia con quelli meno fortunati di noi può essere cancellata dall’autocompiacimento, l’indifferenza e la paura. Questo ci porta ad una domanda importante: qual è il rapporto che esiste tra la ricerca della felicità e la paura?

Il repimento dell’Auto-conoscenza

La capacità di osservarsi senza paura è stata rapidamente portata via dalle forze della commercializzazione. Perfino nel nostro rapporto personale viviamo in uno stato di paura come risultato della nostra continua ricerca della felicità e della sicurezza che è il punto in cui la commercializzazione entra nelle vicende umane e ci danneggia psicologicamente. Crea desideri senza fine per oggetti ed averi, e pone un limite alla nostra conoscenza così che non vediamo oltre i nostri legami emotivi. Ci può ridurre a fare la fila per tutta la notte per l’ultimo aggeggio alla moda, ed è in grado di metterci in trance fino a quando riteniamo che lo shopping è la nostra religione, o che il significato più profondo del buon senso è ‘tre al prezzo di due’. Può portare una persona a guardare un partner potenziale e pensare: ‘Sono belli, ma hanno soldi?’ O può indurre l’adolescente a copiare i suoi compagni di scuola e aspirare ad essere anche lei come loro, di indossare vestiti alla moda in continuo cambiamento e sfoggiare un costoso ‘look’. È molto facile per la commercializzazione manipolare il cervello dei bambini, e falsare il vero significato dell’istruzione che si occupa della libertà interiore e l’Auto-conoscenza, non la conformità o la competizione. La commercializzazione ci fa piccoli, ci fa temere, degrada la nostra umiltà, e non ne siamo nemmeno consapevoli. Queste forze hanno costruito nella nostra mente un tale condizionamento e paura che la semplice condivisione non ci attrae più, portando alla cecità mentale del più alto ordine.

Osserviamo la fondamentale dinamica psicologica infiltrata nella nostra coscienza dalla commercializzazione: paragoni costanti e confronti tra persone diverse, e culto istintivo del successo. Il desiderio di ‘arrivare’, di diventare ‘qualcuno’. E la stessa adulazione del successo e dell'affermazione è radicata nei nostri bambini fin dalla prima età e affinché un giorno si guardino allo specchio per dirsi: ‘ce l’ho fatta’. Perfino l’artista si sforza di dire ‘ho realizzato tanto’, o desidera che gli altri dicano di lui: ‘Conoscete quell’uomo? Lui ha fatto così tanto.’ Ma quando ci definiamo in relazione agli altri, quando misuriamo e confrontiamo noi stessi con gli altri che hanno quello che noi non abbiamo, finiamo per creare un particolare complesso di inferiorità che impedisce l’espressione del nostro potenziale spirituale e dei giusti rapporti umani. Questa dinamica funziona molto bene per la commercializzazione. Perché il nostro continuo culto del successo e dell'affermazione sostiene l’influenza corrosiva del profitto e del materialismo in ogni area della nostra vita: scuola, al lavoro, a casa e perfino nei nostri sogni.

Immaginate come sarebbe molto diverso dal solito il vostro atteggiamento verso quella persona se una famosa celebrità o un miliardario entrasse nella stanza adesso. Perché anche noi siamo condizionati a pensare così: ‘Abbi successo e allora sarai qualcuno’. Il condizionamento sociale ci spinge tutti ad inchinarci interiormente all’autorità di ‘qualcuno’, e questo è essenzialmente il modo in cui la commercializzazione rende gli uomini macchine. Il suo primo compito è quello di farci credere che il successo è la strada da seguire, ma per raggiungere il successo, ci viene detto che dobbiamo lavorare molto duro, che dobbiamo ottenere dei risultati. Dopo impariamo che per ottenere questi risultati dobbiamo competere con tutti gli altri, che dobbiamo diventar un ‘vincitore’. Non ci vuole tanto a perdere la nostra innata empatia e creatività, per cominciare a seguire ideologie e fedi, e a conformarci e sentirci compiaciuti.

Questo è l'inevitabile risultato dell’adorazione del successo e dell'affermazione: la nostra autocompiacenza e indifferenza alla sofferenza degli altri. Perché questo è ciò che l’ossessione per l'affermazione individuale nella nostra società inesorabilmente causa; l’indifferenza. A tal punto che anche una persona virtuosa che potremmo definire ragionevole - un cittadino rispettabile, rispettoso della legge e più o meno psicologicamente sano - dirà ‘c’è sempre stata la fame, e sempre ci sarà’. Inoltre, è curioso osservare l’effetto emotivo nascosto che la commercializzazione ha sulle persone che guardano questo sfortunato pianeta e dicono: ‘voglio aiutare, ma mi sento così impotente’. Naturalmente c’è sempre qualcosa che possiamo fare per aiutare ad alleviare la sofferenza del mondo, ma sono principalmente le forze della commercializzazione che ci portano a sentirci sopraffatti, isolati e impotenti come individui. La liberalizzazione del mercato in ogni settore della vita umana sta gradualmente portando via la nostra buona volontà, la nostra compassione, la nostra consapevolezza e il nostro buon senso. Queste medesime forze del mercato indeboliscono fortemente il principio della condivisione da parecchi decenni, crescendo in modo così sfuggente e raffinato che adesso sentirsi autocompiaciuti è diventata la norma. 

Uno tsunami invisibile

Quindi non è esagerato dire che la commercializzazione è la bestia nera dell’evoluzione umana, come uno tsunami invisibile che sommerge gradualmente tutti i livelli e gli aspetti della società. Le persone che credono nel diavolo farebbero meglio a ripensare dov’è il diavolo, se esiste una cosa del genere. Attraverso la nostra auto-compiacenza e l’istruzione sbagliata la commercializzazione è diventata come un potente martello e la condivisione un chiodo minuscolo. A tal punto che sapere che c’è gente che sta morendo di fame in altre parti del mondo, mentre noi non facciamo niente per impedirlo, è diventato parte della nostra quotidianità.

E non possiamo scusare la nostra autocompiacenza e indifferenza. La nostra autocompiacenza dovrebbe essere portata in tribunale e tutti dovremmo essere giudicati per aver commesso crimini contro l’umanità. Dovremmo formare una coda planetaria fuori della Corte Penale Internazionale a L’Aia, perché siamo tutti complici. Attraverso la nostra auto-compiacenza e indifferenza collettive siamo rimasti in silenzio mentre la terra veniva saccheggiata e distrutta, e continuiamo a guardare dall’altra parte mentre i nostri fratelli e sorelle stanno morendo in povertà. In ultima analisi, le persone che hanno profanato la terra e quelli che non hanno fatto nulla per fermarle sono gli stessi, perché uno non può esistere senza l’altro. Possiamo anche dire che chi guarda dall’altra parte è ancora più colpevole, perché chi si sta accaparrando le risorse del mondo e distruggendo la terra è interamente dipendente dall’indifferenza degli altri - altrimenti non ci riuscirebbe.

In realtà, la commercializzazione non è altro che una guerra silenziosa, una guerra contro la crescita e l’evoluzione dell’umanità. Questo punto non può essere reiterato abbastanza: la commercializzazione è una guerra. Non solo una guerra tra diverse parti, tra le nazioni concorrenti o tribù rivali, ma una guerra in sé. È una guerra che si combatte all’interno di ogni famiglia, comunità e nazione perché la commercializzazione è cosi subdola, così intelligente che conosce esattamente le debolezze umane. Conosce a fondo la nostra natura emotiva perché è li che risiede, e da qui ci manipola. E da qui infiltra le nostre convinzioni e ideologie, e incoraggia fazioni diverse, e si nutre della lotta tra i partiti politici. È così infida che è in grado di acquistare titoli e azioni nelle nostre credenze e ‘ismi’, e questo è quello è in cui investe per crescere.

La realtà nascosta è che da parecchi decenni un’altra Auschwitz è lentamente in fase di costruzione, ma questa volta in una forma diversa per condurre l’umanità a capitolare alle forze della commercializzazione. La guerra globale di oggi non è solo condotta in forma di carri armati e cannoni, ma attraverso la distruzione che si cela nel credo nelle forze del mercato che ha gradualmente marginalizzato quasi ogni nazione del mondo. Chi può negare che migliaia di morti inutili per cause legate alla povertà non siano gia l’equivalente di un’Auschwitz che si verifica ogni giorno? Poiché la situazione economica peggiora ulteriormente in diversi paesi, e poiché i mercati azionari del mondo continuano ad altalenare, le forze della commercializzazione riescono con crescente successo a causare conflitti internazionali, caos sociale e disuguaglianze estreme che mettono a repentaglio la vita delle persone. La minoranza ricca sta diventando sempre più ricca, e la maggioranza povera sta diventando ancora più povera, finché un giorno un’Auschwitz globale potrebbe assumere la forma di morti massicce a causa di povertà e fame. Una grande guerra silenziosa viene combattuta su ogni piano della nostra esistenza e gli uomini e le donne di buona volontà di tutto il mondo stanno appena iniziando a percepirla, anche se inconsciamente. Il modo in cui rispondiamo a questa emergenza sulla Terra determinerà le prospettive future per la razza umana. Il lettore è invitato a riflettere molto attentamente su ciò che è stato appena detto.

I seguenti punti riassumono solo alcuni degli effetti velati, pervasivi ed estremamente pericolosi per l’umanità della commercializzazione dilagante che:

  • Sostiene il condizionamento della mente che inquina l’anima. 
  • Crea e rafforza un complesso di inferiorità nelle persone ovunque si trovino, portando una persona a credere di dover diventare ‘qualcuno’, e in questo processo di trasformazione ci si dimentica del vero scopo spirituale della vita.  
  • Infonde un senso inconscio, che spesso dura tutta la vita, di paura psicologica nella mente delle persone che impedisce qualsiasi curiosità o larghezza di vedute sul significato spirituale della vita, e assicura che l’autocompiacenza non manchi mai. 
  • Fuorvia costantemente l’attenzione delle persone per inibire la consapevolezza del Sé e il vivere nell’istante durante la vita quotidiana, e per tutto il corso della vita. 
  • Porta individui e gruppi ad essere imprigionati in tante varietà di credenze di cui si nutrono e si sostengono numerosi “ismi”.  
  • Impedisce alle persone di essere creative, comunicative e inclini a dare nella società. 
  • Indebolisce i servizi sociali.
  • Produce una separazione tra i cittadini e lo stato, portando allo scoppio sporadico di caos e sommosse. 
  • Dà l’illusione che l’attuale sistema di istruzione - basato su “ismi", credenze e il culto del successo e dell'affermazione - porti all’ordine sociale. 
  • Spinge i bambini a diventare stressati, indifferenti e confusi. 
  • Genera e sostiene la sfiducia tra le persone in tutta la società, fino a quando il cinismo e la paura degli altri diventano la norma. 
  • Sostituisce una cultura di etica e moralità con la volgarità dei miliardari che ostentano la loro ricchezza davanti ai poveri. 
  • Produce degli acuti sentimenti di solitudine nelle persone di tutti i ceti sociali, una solitudine che può portare chiunque a sentirsi povero spiritualmente e senza valore. 
  • Incoraggia la depressione globale al punto che individui e gruppi non riconoscono più il loro vero scopo spirituale nella vita. 
  • || Conduce ad una società altamente complessa in cui la semplice comprensione dei giusti rapporti umani è sostituita dalla ricerca interminabile, stressante e alla fine violenta dei diritti umani. 
  • Ci convince che la crescita senza fine del sistema economico attuale è necessaria, anche quando l’economia mondiale è in ginocchio. Lo stesso sistema, cioè, che ha già portato a sconvolgimenti economici, divisioni sociali, dolore e sofferenza universale. 
  • Causa tale distruzione ambientale che chi è cosciente di questi problemi sara così preoccupato da non vedere la luce alla fine del tunnel.

Dunque la commercializzazione è indubbiamente una guerra silenziosa - una guerra in cui si sganciano costantemente bombe sul vero significato dell’istruzione: cioè l’autocoscienza. Una guerra che porta milioni alla povertà psicologica e materiale e che potrebbe alla fine condurre ad una vera e propria guerra tra le nazioni. 

Un circolo vizioso 

Ribadiamo: il commercio in sé non è pericoloso, e neanche il capitalismo. È il principio di adorazione del successo che sostiene il processo della commercializzazione in modo pericoloso e deleterio per il tessuto sociale. O per dirlo in modo diverso: le forze della commercializzazione sostengono il nostro culto del successo e quest’ultimo sostiene le forze della commercializzazione. È un circolo vizioso. Abbiamo bisogno di queste forze nella nostra vita per sostenere il perseguimento del successo e dell'affermazione, e queste forze hanno bisogno di noi per sostenersi. E più energia diamo ai politici di tutto il mondo per glorificare i poteri della commercializzazione, più si moltiplicheranno i discepoli del credo delle forze del mercato all'interno dei governi. Anche se, alla fine, nessuno vince. Anche se lasciamo la città per condurre una vita tranquilla e pacifica nella campagna isolata, noi stessi ci separiamo dal resto della società e dei suoi problemi. Anche se ci laureiamo dalle migliori e più prestigiose università, fuori ci aspettano le forze malefiche, una immensa marea di pressione sociale, inevitabile e onnipresente, che ci farà sprofondare inevitabilmente nello tsunami invisibile. Non possiamo mai creare un mondo migliore fintanto che le forze del mercato sono senza controllo, fintanto che la conoscenza umana è motivata dal profitto, fintanto che i giovani sono condizionati ad adorare il successo e l'affermazione.  

Quindi come possiamo parlare della condivisione nella sua essenza senza aver i nostri occhi puntati verso gli effetti distruttivi della commercializzazione? È impossibile, proprio come è impossibile parlare di giustizia senza aver i nostri occhi puntati verso i nostri fratelli e sorelle che stanno morendo di fame. Come possiamo condividere quando l’influenza dell’egoismo e dell’avidità ha tale presa sulle nostre società, e quando continuiamo ad adorare il successo e l'affermazione? Attraverso il condizionamento subdolo e manipolativo della nostra mente, la commercializzazione ha trasformato il principio della condivisione nell’ombra miserabile dei poveri e la madre impotente dei milioni che muoiono di fame. Di fronte alla sua potenza abissale e al diluvio perpetuo, è normalissimo che la gente veda il principio della condivisione come ingenuo o utopico, e pensi che sei un illuso se dici che la condivisione è la chiave per risolvere i problemi del mondo. 


Mohammed Sofiane Mesbahi è il fondatore di STWR. 

Assistente editoriale: Adam Parsons.

Photo credit: Tax Credits, flickr creative commons

Traduzione in italiano da Angelo Cappetta & Hodaka Murata